Dopo aver bissato la doppietta di Roma 2009, Federica Pellegrini entra di diritto nel mito dello sport mondiale nonché nazionale, convertendosi nell’azzurra più vincente della storia. La campionessa italiana a soli 23 anni ha già toccato e ritoccato il tetto del mondo e ora è pronta per la sfida di Londra 2012, dove oltre a confermare l’oro e il record del mondo nei 200, cercherà di prendersi la medaglia più pregiata anche nei 400, nei 100 e negli 800, per compiere il sogno di Alberto Castagnetti, il primo a credere in lei, a lanciarla alle Olimpiadi di Atene dove conquistò l’argento nei 200 a soli 16 anni, e purtroppo costretto ad abbandonarla a metà del cammino.
Adesso al fianco di Federica c’è Philippe Lucas un duro dai capelli biondi e lo sguardo sicuro e fiero che era scettico sulla gara della veneziana ma che ha saputo motivarla toccando le corde giuste. Lucas è quello giusto. È ambizioso come Federica e Shanghai serviva per capire se la strada intrapresa verso Londra fosse quella corretta. Le medaglie lo dimostrano. Il dominio assoluto della Pellegrini, che ha riscoperto anche la gioia di stare con le compagne e partecipare alle staffette, ne è l’ennesima prova.
Al suo fianco non ci sarà più Luca Marin. Federica ha annunciato la fine del loro amore proprio sul suo blog smentendo le voci di un suo possibile nuovo flirt, segno evidente che per farsi strada nella vita a volte bisogna purtroppo pur rinunciare a qualcosa. A Shanghai già si parla di un possibile amore con l’ex primatista dei 100 stile, Filippo Magnini, anche lui capace di vincere nella sua specialità due ori in due mondiali consecutivi tra Montreal 2005 e Melbourne 2007. A lui e alla staffetta 4x100 è andata la dedica dell’ultima impresa, arrivata dopo aver letteralmente dominato i 400 nella gara di domenica.
La Pellegrini si è presa quei 200 con la testa e con il cuore, con una prova sublime, in pieno recupero nella seconda vasca, come piace a lei, e dove sempre affila le unghie verso lo sprint finale e vincente. Federica è una macchina perfetta programmata per vincere, ma nonostante tutto emoziona e si emoziona, come se fosse la prima volta, qualcosa di bellissimo per uno sport in cui la fatica è tutto, e un minimo dettaglio può determinare il confine tra la gioia della vittoria e l’abisso della sconfitta.