domenica 1 aprile 2012

Come un angelo sul ghiaccio

Fatica, rigore, perfezione. Provare e riprovare a ripetizione, a ritmo di musica, un movimento o una variante, sui pattini, sul ghiaccio. Scivolare rapidamente tra le linee della pista, con il rumore dei pattini che rompe per un momento lo scorrere perfetto dei suoni. Un salto, doppio, triplo axel, che lascia il pubblico con il fiato sospeso fino al momento dell’atterraggio quanto dagli spalti si può finalmente liberare un grido di stupore, un applauso, nel vedere che quella esile e funambolica ballerina nel gelo resta in piedi sulle sue gambe e continua a correre, a saltare, avvolta dalle note di Mozart.




Dopo anni di attese, speranze a volte deluse e infortuni troppo spesso pesanti che avrebbero abbattuto anche un toro, Carolina Kostner si è trasformata in un cigno vestito d’argento e si è avvolta nel metallo più prezioso per diventare la regina dei ghiacci, conquistando il primo oro italiano della storia dei mondiali di pattinaggio artistico sul ghiaccio. La gardenese ha raggiunto a 25 anni il traguardo più ambito, dopo dieci anni di carriera tra alti e bassi che l’avevano ormai etichettata come l’eterna promessa incompiuta di questa disciplina.

Alle spalle, oltre ai sei titoli di campionessa italiana, un argento e due bronzi ai mondiali e soprattutto quattro titoli europei, di cui l’ultimo quest’anno, dopo una stagione perfetta conclusasi con l’apoteosi di Nizza. Gioie di una carriera ma anche delusioni, come quella dell’Olimpiade del 2006 a Torino, dove la portabandiera azzurra, tradita dall’emozione, dalla tensione e dalle aspettative del suo pubblico e di tutto un paese, arrivò nona per poi chiudere dodicesima al mondiale nel mese successivo.

Una battuta d’arresto nella quale molti videro il principio del declino, a causa anche dei ripetuti infortuni che la tormentavano. E come se non bastasse, a complicare il tutto secondo i più, il gossip, frutto del fidanzamento con Alex Schwazer, campione olimpico a Pechino nella 50 km di marcia. La risalita è stata lunga e difficile, con in mezzo la scelta di mollare tutto cambiando staff e città per trasferirsi a Los Angeles, un luogo dal quale Carolina è tornata come nuova con la voglia di dimostrare che non era finita, con lo spirito di chi risorge, come l’araba fenice.





Non è quindi un caso che questa campionessa timida e umile abbia raggiunto ora la piena maturità psicologica e fisica in una disciplina fatta di lunghe ore di allenamento e della cura maniacale dei dettagli, ma che molto spesso si dimostra ingrata. E non è un caso che questo risultato storico, che porta l’Italia per la prima volta sul tetto del mondo, offuscando il predominio di potenze come la Russia e il Giappone, sia giunto proprio ora, nell’anno perfetto, ma che purtroppo potrebbe anche essere l’ultimo. Ma cosa chiedere di più alla perfezione? Forse un ultimo sforzo, ancora un sogno e andare a strappare una medaglia olimpica nel 2014 a Sochi, in Russia, nella tana delle specialiste di questa disciplina.

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